I Marmi del Doni, Academico Peregrino. Al Mag.co et Eccellente S. Antonio da Feltro dedicati

Autore: DONI, Anton Francesco (1513-1574)

Tipografo: Francesco Marcolini

Dati tipografici: Venezia, 1552-1553


WITH 44 WOODCUT ILLUSTRATIONS AND THE REPRODUCTION OF THE TITLE PAGE OF THE INFERNI AS EDITORIAL PROSPECTUS

Four parts in one volume, 4to (212x151 mm). 167, [1]; 119, [1]; 166, [2]; 93, [3] pp. Signatures: A-X4; Aa-Pp4; a4 B-X4; AA-MM4. Printer's devices on each title page and on the verso of the last leaf of every section. Printed with two different italic types. With 44 woodcut illustrations in the text, including the portraits of Doni, Marcolini, Gelli, and Petrarca; at p. 81 of the fourth part is reproduced the title page of another of Doni's works, the Inferni, of which is also announced the forthcoming publication and the contents described (this is probably the first case in the history of printing in which the imminent publication of a new work is promoted by reproducing within another published work its soon-to-be-released title page). Contemporary limp vellum, inked title on spine and front panel, gilt edges. On the front flyleaf verso shelf mark note “VII D-20”. A few leaves very slightly browned, some foxing to the gutter of a few leaves, final leaf repaired to gutter. A very good, extremely genuine copy.

First edition of this collection of a great variety of texts consisting mostly of a series of imaginary dialogues involving over one hundred different characters, some real, some fictive, who are portrayed conversing on the marble steps (I marmi) of the Duomo of Florence on a wide range of unrelated topics. The many aspects (editorial, iconographic, musical, etc.) of the work are meticulously investigated by G. Rizzarelli (‘I Marmi' di Anton Francesco Doni: la storia, i generi e le arti, Florence, 2012, passim).

The four parts of the Marmi, forming a single volume, were probably also sold separately. The printing of the work started in September 1552 and was accomplished in January 1553. Although Doni's works were usually reprinted several times, of the Marmi only one reprint is know, that issued in Venice by Giovanni Battista Bertoni in 1609 (cf. S. Casali, Gli annali della tipografia veneziana di Francesco Marcolini, Bologna, 1953, pp. 237-238).

“Anche dentro i parametri doniani i Marmi costituiscono una punta estrema di bizzarria e di lunaticità fatta di imprevedibili, sconnesse e spericolate congerie tematiche […] Dai frequenti cataloghi e dai bruschi trapassi da una materia all'altra il lettore ricava una prima e spontanea impressione di quello sconcerto che si prova davanti al disordine più radicale, accentuato ulteriormente dalla polifonia di voci di dialoganti senza volto, convenuti a caso nella piazza fiorentina a raccontare storie e a discorrere di materie a volte astruse e a volte dozzinali, a presentare tesi che vengono accompagnate da cori di giudizi o commenti strampalati. L'immagine tradizionale di un Doni ‘scapigliato' e ribelle, creatore d'avanguardie e autore sfuggente, contraddittorio, sarcastico trova nei Marmi la conferma maggiore. Doni si è creata l'immagine di un autore che non vuole essere mai preso sul serio; e si può dire che nei Marmi vi sia riuscito appieno. Ma un'irregolarità così sostenuta autorizza a sospettare una posa, un compiacimento, un'operazione non priva di sistematicità e di calcolo teso in primo luogo ad occultare qualsiasi impegno di ‘regolarità'. E si deve ammettere che Doni sia riuscito appieno anche in questo calcolo, perché la sua immagine di scrittore bizzarro si conserva senza scalfitture […] I Marmi sono costellati di riferimenti a libri, i cui titoli sono citati spesso con approssimazione (ad esempio ‘La bottega del Tessitore' per l'Officina di Ravisio Testore) forse voluta per creare un tono trasandato e antipedantesco; sono farciti di citazioni di cui a volte è difficile vederne con precisione i contorni o addirittura indovinarne la lingua originale, rendendo talvolta molto difficile distinguere fra le voci autoriali e le citazioni: il tutto fa parte della scanzonata ‘scapigliatura' di Doni il quale, a nostro maggiore sconcerto, cita con precisione, lasciando intravvedere che anche in questa maniera domina il capriccio […] Quasi certamente la base dei Marmi è costituita da un mosaico di testi prelevati nella maggior parte da vari autori di cui normalmente si tace l'identità; per giunta i testi sono spesso tagliati e ricuciti in modo tale che anche il più smaliziato Quellenforscher avrebbe difficoltà ad identificarli. Se liberassimo questa base dalle superfetazioni e glosse doniane, avremmo una di quelle raccolta miscellanee o ‘selve' che furono popolarissime nel Cinquecento; ma Doni la usa come una sinopia alla quale sovrappone o intreccia commenti di dialoganti, digressioni che talvolta incorporano altre fonti, parentesi di umore a sfondo realistico, novellette, considerazioni di polemica letteraria, frecciate personali, e una serie di vari altri elementi che occultano e alterano il mosaico di fondo, rendendo difficile riconoscere i testi primari per via di una frammentazione continua e per la farcitura di elementi che dissuonano e producono mescolanze di linguaggi lontane dai criteri di decorum, e per via di altre tecniche che alimentano l'impressione di bizzarria e caoticità lunatica a tutto scapito di un'orditura lineare e robusta […] Il criterio della dispositio sconnessa si applica perfettamente ai Marmi, i quali da questo punto di vista sono una selva, cioè una raccolta di materiali privi di nessi fra loro. E sono materiali esteticamente fruibili perché sono per lo meno curiosi: curiose sono le storie e le favole, curiosi sono i soggetti del cibo, della chiromanzia, dei sogni, curiosi la vita di Arnaut Daniel e vari altri materiali ai quali se ne mescolano altri che potrebbero sembrare uggiosi, come i precetti ‘utili all'huomo' o alcune discussioni sull'onore. Ma per poter parlare di una ‘selva' affine a quella di [Pedro] Mexía bisogna postulare che i Marmi, come la Silva [de varia lección (1540)], siano ricavati tutti o almeno in gran parte da libri altrui, che siano frutto di una vera ‘lectio' o scelta attuata su opere varie. Questo […] è un punto cruciale, e fino a quando non si farà un lavoro sistematico sulle fonti sarà imprudente affermare senza ombra di dubbio che i Marmi siano una ‘selva' nel senso indicato […] Ai materiali di base Doni sovrappose ciò che è tipico del suo umore -bizzarria, riboboli, sbandate fuori tema, note dissacranti e antifrastiche, curiosità, capricci e costanti scadute tonali- e lo espresse attraverso le molte voci dei personaggi che frequentano i dialoghi dei Marmi. La combinazione creò quella dissonanza […] che mortifica l'erudizione, che invalida il sapere, che abbraccia un Seneca ma lo respinge poi come soporifero, che propone norme dietetiche a crapuloni e beoni, che sciorina informazioni cabalistiche ad allocchi. Era questo il modo con cui Doni viveva un atteggiamento culturale dei suoi tempi o almeno di quel gruppo d'avanguardia che fra gli anni '40 e '60 voltò le spalle all'Umanesimo e prese a parodiarne l'erudizione […]” (P. Cherchi, La “selva” dei ‘Marmi' doniani, in: “Esperienze Letterarie”, XXVI, 2001, pp. 3-6, 9 and 35-36).

“Anton Francesco Doni went beyond Franco, Domenichi, and Lando in his rejection of Cinquecento learning. The others believed that learning had declined and attacked individual humanists, but Doni argued that the studi liberali were fundamentally inadequate to teach men virtue […] His I Marmi (1552-1553), or conversations overheard in the evening on the marble steps of the Florentine cathedral, contains a dialogue in which he rejects the studi liberali. A poultry vendor, a broker, and an unidentified third person begin to discuss how to avoid vice and to foster virtue, defined the traditional terms as the love of patria, wife, and children. But the studi liberali cannot teach virtue […] Grammar can teach style and poetry is important; history is ‘noble', but knowledge of the lives and activities of the ancients has only a negative value, a warning to men to avoid their faults. With arithmetic and geometry one can count one's possessions, but it is of no avail if one does not divide them for charity. Neither is virtue the result of the study of Stoic or Aristotelian philosophy. Books cannot teach men virtue because men have to learn from their own experience […]” (P. Grendler, The Rejection of Learning in Mid-Cinquecento Italy, in: “Culture and Censorship in Late Renaissance Italy and France”, London, 1981, pp. 243-244).

A noteworthy passage important for the history of the reception of the Copernican theory in the 16th century occurs in the first dialogue: the ‘buffo' Carafulla defends the heliocentric system just nine years after the publication of Copernicus' De revolutionibus: “Il sole non già, noi giramo; la terra è quella che si volge, non sai tu che il cielo si chiama fermamento; & quando costa vanno a torno alla terra e dicono io ho girato tutta la cosmographia” (I, p.18) (cf. M. R. Macchia, Le voci della scienza nei ‘Marmi' di Anton Francesco Doni: la divulgazione scientifica fra oralità e scrittura, in: “Lo scaffale della biblioteca scientifica in volgare, secoli XIII-XVI: atti del Convegno, Matera, 14-15 ottobre 2004”, R. Librandi & R. Piro, eds., Florence, 2006, pp. 469-484).

Anton Francesco Doni was born in Florence, the son of a scissors-maker and second hand dealer. The first extant reliable information on him is that after 1535 he joined the religious order of the Servi di Maria in the Florentine convent of the Santissima Annunziata, taking the name of brother Valerio. During his stay there Doni became a friend of the sculptor Giovannangelo Montorsoli, a disciple of Michelangelo. In 1540 they both left Florence and the convent and moved to Genoa; the following year Doni transferred to Alessandria, where he stayed with Antonio Trotti and Isabella Guasco. In 1542 he spent shorter periods in Pavia and Milan, and then moved to Piacenza to begin studying law. Very soon, however, he gave up juridical studies and followed his inclination for literature. In Piacenza Doni joined the Accademia degli Ortolani, a group of intellectuals with whom he shared a very polemical, anti-classical attitude. Among its most prominent members were Giuseppe Betussi, Girolamo Parabosco, and Lodovico Domenichi. To Domenichi in particular Doni was bound by a very close friendship, following him to Venice, where he was introduced to Pietro Aretino and where he published the first book of his Lettere as well as the Dialogo della Musica (1544). Soon afterwards Doni travelled back to Florence, where he began to take part in the meetings of the Accademia degli Umidi. In 1546 he became secretary of the Accademia Fiorentina and, with the aid of Cosimo I de' Medici, duke of Florence, tried to establish a printing house of his own. The business turned out to be disastrous, however, and lasted only from 1546 to 1548. In this period Doni published approximately twenty texts closely connected with the activities of the Accademia Fiorentina, among which should be mentioned Gli spiriti folletti (1546) and the Prose antiche di Dante, Petrarcha e Boccaccio (1547). In 1548, after the failure of his printing house, Doni broke off his relations with the Florentine milieu leaving Florence once and for all and, after a violent quarrel whose reasons remain obscure, ending his personal relationship with Domenichi. Back in Venice, Doni edited the first Italian version of Thomas More's Utopia, translated by Ortensio Lando (1548). In 1549 his eldest son, Silvio, was born from an extramarital relationship with Lena Gabbia; to him Doni dedicated the Epistole di Seneca ridotte nella lingua toscana, issued in the same year. This is the first example of Doni's penchant for plagiarism, since what he actually did was to publish under this title his own adaptation of Sebastiano Manilio's translation of Seneca's Moral Epistles (1494). Meanwhile, he had begun a close collaboration with the printer Gabriele Giolito with the publication of the Disegno (1549), a book concerned with the primacy of figurative art. In 1550 Giolito published three further volumes by Doni: Fortuna di Cesare, Prima Libraria, and Medaglie. In his writings from 1549 onwards Doni often mentions the Accademia Pellegrina. How- ever, this is neither the name of an existing institution (as it was believed until recently), nor the desig- nation of a project for the creation of a new community of intellectuals; Doni's Accademia Pellegrina is simply a literary fiction and an important element of the setting of his works. Ercole Bentivoglio, Titian, Francesco Sansovino, Lodovico Dolce, Pietro Aretino, Francesco Marcolini, and other alleged members of the Accademia often appear as characters in, or even co-authors of, Doni's output. Doni's most productive period coincided with the years 1551-1553, when he was a collaborator of the printer Francesco Marcolini, who during this triennium printed many of Doni's major works: the Seconda Libraria (1551), the Zucca (1551-52), the Moral Filosofia (1552), the Marmi (1552-53), the diptych Mondi-Inferni (1552-53), the Pistolotti amorosi (1552), a collection of letters written by various fictional lovers. In 1555 Doni suddenly left Venice and went to Urbino, where he wanted to obtain the patron- age of Duke Guidobaldo II della Rovere with the aid of Pietro Aretino. Aretino, however, refused, and to take revenge for what he considered a betrayal, in 1556 Doni wrote a very aggressive book, the Terremoto (Earthquake), in which he predicted that his former friend would die before the end of theyear – exactly as happened. In 1556 he also published Le Ville, a work devoted to the features of country houses. Between 1557 and 1558 Doni stayed in Ancona, where he tried to open a new printing house, but he was soon compelled to leave because of an edict of Pope Paul IV which ruled that all those who had left the priesthood should return to their convents. There is no clarity regarding the details of the following three years of Doni's life. However, between 1562 and 1563 he was certainly in Arquà, where he planned a monument in honour of Petrarch, which was never built. In 1562 Giolito printed Il Cancellieri dell'Eloquenza, Il Cancellieri della Memoria, the Dichiarazione sopra il XIII cap. dell'A-pocalisse, and the second revised edition of the diptych Mondi-Inferni with the new title Mondi terrestri, celesti e infernali. In 1564, Le Pitture was published in Padua by the printer Grazioso Percaccino. This work collects the invenzioni, or allegorical descriptions of love, fortune, time, sleep, and death, which Doni had created to adorn the projected monument dedicated to Petrarch. In 1567 Doni and his son Silvio moved to Monselice, near Padua. In the same year he composed the Lumiera, a short poem that takes up themes from the main works of the 1550s. The following year, Giorgio de' Cavalli printed an updated edition of the Mondi in Venice, the last before Doni's death. Doni's works enjoyed great success throughout Europe and were soon translated into other major European languages: Spanish (Zucca en español, 1552), English (The Moral Philosophy of Doni, 1570), and French (Les Mondes célestes, terrestres et infernaux, 1578, 1580, 1583). In July 1574 Doni returned to Venice, where he offered Henry III of Valois the precious manuscript of a poem in ottava rima, the Guerra di Cipro. This is the last known fact of Doni's life. He died soon after, in September 1574 – still in Venice, according to some sources, or back in Monselice, according to other (cf. P. Pelizzari, Nota biografica, in: “Doni, I Mondi e gli Inferni”, Turin, 1994, pp. LXIX-LXXXIV).

Edit 16, CNCE17692; Universal STC, no. 827617; Adams, D-824; Casali, op. cit., no. 95; B. Gamba, Serie dell'edizioni dei testi di lingua italiana, Venice, 1839, no. 1368; C. Ricottini Marsili-Libelli, Anton Francesco Doni scrittore e stampatore, Florence, 1960, no. 40; R. Mortimer, Harvard College Library... Italian 16th-Century Books, Cambridge, MA, 1974, no. 165.


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