PSICOLOGIA E SOCIOLOGIA DEL GIOCO D'AZZARDO
In 8vo (mm. 205x 127). Pp. VIII, 232, [4]. Prima carta bianca ma inclusa nella paginazione. Il nome dello stampatore si ricava dalla licenza di stampa che si trova alla fine del volume. Fregio tipografico al frontespizio. Testatina e finalini tipografici. Legatura coeva in mezzo vitellino nocciola con angoli, dorso con fregi e titolo in oro su tassello, piatti in carta marmorizzata, tagli picchiettati (minimi restauri al dorso e agl'angoli). Sul frontespizio iniziali manoscritte “N.C.”. Nota manoscritta coeva a p. 39. Fioriture sparse dovute alla qualità della carta, ma nel complesso buona copia genuina.
Rara prima edizione, dedicata dall'autore a John Acton (1736-1811), comandante della marina del Regno di Napoli.
“Nel 1790, a venticinque anni, il salentino Francesco Bernardino Cicala dette alle stampe a Napoli un'opera riecheggiante nel titolo un lavoro di P.R. Montmort [Essai d'analyses sure les jeux de hazard, Paris, 1708], cioè il Saggio filosofico e critico sulli giuochi di azzardo, come emblematico segno di un rilevato illuministico interesse per i problemi del vivere civile nella capitale del Regno meridionale: non solo esame di operazioni algebrico-matematiche, ma una serie di approfondimenti e definizioni del gioco d'azzardo, per interpretarlo e valutarlo nell'ambito dell'agire umano e nel divenire storico […] L'autore non nascondeva l'autobiografica compromissione, per aver conosciuto e frequentato i tavoli da gioco, rimanendo coinvolto nella passione per il gioco d'azzardo. L'esperienza personale si decantava però nella riflessione e diveniva patrimonio da rendere pubblico, come oggetto di esame e di attenta analisi. L'indagine su di sé si allargava ai gruppi, ai ceti, alla nazione. Perciò il gioco d'azzardo era indagato non solo come fatto individuale, ma come dimensione collettiva, nel suo progressivo estendersi dai singoli individui ai diversi ceti sociali. La diffusione del gioco d'azzardo era ormai un problema ‘politico', oggetto di disamina e di dibattito per un letterato civilmente impegnato. Il Saggio, dunque, opera nella consapevolezza che la problematica del gioco d'azzardo possa essere ascrivibile ad una specifica trattatistica – di articolata strutturazione letteraria – nell'ambito del canone illuministico-razionalistico, non riferito quindi soltanto a forme di narrativa o di esercizio lirico, ma allargato anche a forme letterarie variegate, comunque ascrivibili nella dimensione delle ‘pubblica armonia'. In forza di ciò, la struttura del Saggio si compone di due Sezioni; nella prima i capitoli I – Sensibilità umana, II – La passione del gioco, III – Effetti morali, IV – Conseguenze, V – Abiti viziosi, VI – Apostrofe al bel sesso, VII – Il tempo, suo uso ed abuso, VIII – Effetti fisici. Nella seconda sezione seguono altri otto capitoli, in successione, Origine, Oggetto di dispute, Materia di calcolo, Mire politiche, Teoria di giustizia, Legislazioni, Diritto di proscrizione, Linguet all'esame […] [Oltre a quelle classiche e teologiche,] le citazioni dagli autori d'Oltralpe risultano particolarmente numerose: J. De la Bruyère, F. de la Rochefoucauld, i giusnaturalisti H. Grotius, Cl.-A. Helvetius, S. Pufendorf, sino a Ch.-L. Montesquieu, D. Diderot, F.-M. Voltaire e J.J. Rousseau, P.L. Maupertuis e É. Condillac e gli inglesi J. Locke e W. Balckstone. Significativi sono i riferimenti agli illuministi napoletani, A. Genovesi e G. Filangieri e al milanese Cesare Beccaria, ricordato per il suo Saggio sul Faraone, articolo di riflessione sul gioco d'azzardo detto ‘Faraone', pubblicato nel Caffè; similmente significative, due citazioni rinviano a Luigi Galvani e Alessandro Volta per la tematica dell'elettricità […] Nella descrizione degli effetti fisici, il Cicala utilizza con sicurezza le conoscenze organico-fisiologiche di tessuti, strutture e sistemi dell'organismo umano, per raggiungere una notevole efficacia di rappresentazione […] Le riflessioni e gli approfondimenti etico-filosofici però coabitano e si intersecano con le teorie matematiche e con il calcolo delle probabilità […] il Cicala è consapevole delle novità e delle più recenti acquisizioni scientifico-matematiche e cita Montmort, Bernoulli e Moivre […] Egli peraltro non dimentica la componente femminile e il ruolo delle donne, con l'analisi dei comportamenti individuali maschili e muliebri e con lo studio delle relazioni sociali. La tematica del gioco riguarda ambo i sessi, nel recupero di un pubblico – quello femminile – tradizionalmente escluso dal dibattito delle idee e dal confronto su usi e consuetudini […] [Rivalutando anche gli aspetti positivi e ricreativi del gioco d'azzardo praticato con moderazione], l'autore sussumeva la tradizione filosofico-morale e giuridico-letteraria sul gioco d'azzardo, orientandola in senso riformatore e riproponendola nel trattato-saggio di agevole lettura. Il gioco di sorte era ammissibile e non imputabile come colpa, laddove esso ri-creava, cioè ‘creava nuovamente' e talvolta ex novo condizioni di socievolezza e di comportamenti civili, rispettosi di sé e dell'altro. In qualche misura con il Saggio del 1790 il Cicala respingeva la vulgata considerazione del gioco e dei giochi come manifestazioni eminentemente dispersive e dissipatrici, innervando la tradizione letteraria e il canone della letteratura sul gioco con la problematica del ‘positivo avvantaggio' del pubblico costume” (E. Filieri, Francesco Bernardino Cicala 1765-1815, tra passione e ragione: il gioco d'azzardo nella pubblica armonia, in: “Il Canone e la Biblioteca, costruzioni e decostruzioni della tradizione letteraria italiana”, a cura di A. Quondam, Roma, 2002, II, pp. 353-360).
“[Quando scrisse la presente opera, Cicala era] un giovane di 25 anni, che viveva a Napoli in un'epoca in cui il gioco era un momento determinante della vita di società, egli era stato molto sensibile, sia alle frequentazioni mondane che alla passione per il gioco d'azzardo. Come si coglie dal senso di tutto il saggio, quando lo scrisse evitava da tempo gli odiati ‘deschi dei giuochi': per lui erano diventati solo luoghi da tenere lontano, perché evocatori di comportamenti, atmosfere, ricordi di una patologia, ancora troppo vivi nella memoria, anche se ormai lontana nei comportamenti. Proprio di questa patologia, degli stati d'animo, delle modalità personali e degli impulsi, Cicala si sofferma a descrivere ogni dettaglio, con particolare attenzione sulle ricadute interpersonali e sociali dei comportamenti del giocatore. Egli illustra il prevalere del carattere ‘avaro' o impulsivo, del comportamento disonesto, di quello ipocondriaco e malinconico del giocatore. In queste descrizioni si evidenzia maggiormente l'intuizione scientifica e l'intento nosologico del Cicala, ma la grammatica del libro risente del linguaggio del tempo […] [Si può] sostenere che Cicala è contemporaneamente uomo del suo tempo e anticipatore di contenuti e conoscenze che non sono patrimonio scientifico dell'epoca, sebbene l'osservazione dei meccanismi delle passioni fosse patrimonio della cultura dell'enciclopedismo. Lo è innanzitutto nella scelta di campo che egli fa nell'attribuire alla passione incontenibile del gioco, nella compulsione all'azzardo, un senso nuovo per la sua epoca, iscrivendone l'interpretazione in uno spazio logico, definito attraverso le traiettorie dell'etica, della medicina e dell'introspezione psichica. In questo superare la sola visione moralistica e nello sforzo di sistematizzazione degli ‘abiti viziosi', degli effetti fisici, degli effetti morali, c'è l'innovazione e tutta la sua valenza scientifica. Egli va al di là del suo tempo, cogliendo, altresì, la dimensione culturale e sociale del gioco separatamente da quella individuale del giocatore” (F.B. Cicala, Il gioco d'azzardo. Saggio filosofico e critico sulli giuochi di azzardo, a cura di G. Corrivetti e M.R. Pelizzari, Cava de' Tirreni, 2006, pp. 11-18).
Francesco Bernardino Cicala, nato a Lecce nel 1765, si cimentò giovanissimo con la scrittura. A 20 anni aveva già composto due tragedie: Marcantonio in Egitto (rimasta inedita) e Gli Arsacidi, rappresentata con successo a Napoli, al teatro dei Fiorentini, replicata in varie città italiane e pubblicata per la prima volta nel 1789. Tra le sue tragedie ricordiamo: Merope, La dinastia degli Eraclidi, Meride, Erode (rimaste manoscritte), Ermione, rappresentata per la prima volta nel 1797, edita nel 1798. Ammesso, a soli 22 anni, all'Accademia dell'Arcadia con il nome di Melindo Alitreo, a 27 anni fu accolto nell'Accademia Reale di Scienze e Belle Lettere di Napoli. Fu inoltre socio dell'Accademia del Buon Gusto di Palermo e di quella dei Pastori Ereini-Imerei. La maggior parte dei poemi e delle tragedie fu pubblicata nei due volumi delle Opere (Lecce 1814). Nel 1799 Cicala aderì alla Repubblica Napoletana. Al ritorno dei Borbone, cominciarono per lui due anni di carcere e di persecuzioni: fu anche costretto a fuggire fuori dal regno. Tornato in patria con l'arrivo dei Napoleonidi, si stabilì a Lecce, dove morì nel 1815.
Italian Union Catalogue, IT\ICCU\SBLE\007592.
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