In folio (mm. 311x215). Pp. [2], 74 numerate in alto a destra, più una carta aggiunta in fine fuori fascicolazione. Completo. Vergato da un'unica mano, elegante e molto ben leggibile, su una sola colonna con note in calce. Cartonato dell'epoca ricoperto di carta colorata con etichetta e titolo manoscritto al piatto anteriore (piccole mancanze al dorso). Leggere fioriture e lievi aloni occasionali, ma in ottimo stato di conservazione.
Interessante manoscritto, apparentemente inedito, che narra in modo estremamente accurato e dettagliato la storia della fabbrica della chiesa della Santissima Annunziata di Parma, i cui lavori furono cominciati sotto Ottavio Farnese nel 1566 e terminati all'incirca verso il 1650.
La chiesa preesistente, assegnata nel 1445 ai francescani minori osservanti, venne abbattuta nel 1546 in conseguenza della demolizione di tutti gli edifici posti a ridosso o nelle vicinanze delle mura cittadine, decretata per scopi difensivi dal duca Pier Luigi Farnese. I francescani furono quindi temporaneamente accolti presso la parrocchia di San Gervaso e Protaso, che fu poi ceduta loro e trasformata nella nuova chiesa e convento della SS. Annunziata. I lavori della nuova chiesa furono affidati all'architetto Giovanni Battista Fornovo, allievo del Vignola. Contestualmente alla posa della prima pietra, con una bolla del 1566, che è riportata integralmente nel manoscritto, Pio V assegnò i diritti e i beni della nuova chiesa ai frati minori osservanti.
L'autore della lunga relazione riferisce poi delle successive vicende della fabbrica, dal finanziamento dei lavori attraverso elemosine e donazioni al susseguirsi dei guardiani responsabili e dei “fabbricieri” (dell'architetto Domenico Campanino viene riportata una relazione in cui si dice che la chiesa venne coperta con “semplice tetto” nel 1616, “rimanendovi ancora a fare il disegnato volto, e tutto l'esteriore muro”, p. 36), dai cambiamenti ed integrazioni in corso d'opera alle varie vicissitudini storiche come la caduta di parte del tetto provvisorio nel 1626 e l'occupazione del chiostro da parte di truppe francesi (1734) e piemontesi (1742), dal completamento della chiesa prima e del convento in un secondo momento alle varie suppliche presentate di volta in volta per cercare nuovi fondi, dalla descrizione degli interni (inclusi i numerosi preziosi oggetti che furono trasportati dalla vecchia alla nuova chiesa) al resoconto delle spese sostenute per la realizzazione e il mantenimento del complesso monumentale. L'autore riporta inoltre l'iscrizione della lapide celebrativa eretta nel 1726, soffermandosi sul contenuto che viene aspramente criticato per i numerosi errori storici.
L'ultima parte della relazione (pp. 71-74 e carta aggiunta finale), intitolata Altre Memorie aggiunte, riferisce invece dei lavori compiuti fra il 1771 e il 1776. In quell'occasione l'architetto Antonio Brianti progettò un nuovo altare maggiore in marmo policromo con ai fianchi teste d'angeli e ornamenti floreali in bronzo che fu realizzato dallo scultore ticinese Francesco Albertolli. Il Brianti rifece anche la facciata dell'organo e le due cantorie. Il nuovo altare, di cui il manoscritto fornisce anche il dettaglio di tutti i costi, fu scoperto il giorno di Natale del 1776, mentre alcuni mesi prima, il 12 giugno dello stesso anno, il guardiano del convento e ministro provinciale dell'ordine Francesco di Cortemaggiore aveva solennemente deposto una cassetta con le reliquie dei Santi Martiri Vincenzo e Pellegrino; dal momento che la cassetta aveva spazio per altre reliquie, l'autore fornisce istruzioni anche su come aprirla nel caso “dovesse riporsi qualche altra più insigne Reliquia, o Corpo intero d'un Santo, giacché vi si è lasciato un vacuo sufficiente” (p. 73).
L'ultima carta non numerata del manoscritto, aggiunta in fine e vergata da mano differente solo al recto, contiene una sorta di dichiarazione, datata marzo 1777, in cui Francesco Albertolli dichiara di essere stato “testimonio occulare” della deposizione nell'urna della cassetta con le reliquie dei Santi Vincenzo e Pellegrino, “anzi ho inchiodato la medesima Cassetta con.[tenen]te le med.[esim]e Reliquie, ed autentica alla p[rese]nza di tutti li sud.[dett]i Sig.ri e d'un Giovine per nome Bernardo Realini di Besascio Luganese che mi ha aiutato a fare, e porre in opera il p[resent]e affare”. La carta contiene anche l'elenco delle persone presenti all'importante evento.
Francesco Saverio Albertolli di Bedano (n. 1701) fu il capistipite della “famiglia di artisti ticinesi pittori, architetti e stuccatori, che nel sec. XVIII e nei primi decenni del successivo ebbe nell'Alta Italia notevole parte nel rinascimento delle arti del disegno volgenti alle forme neoclassiche” (cfr. P. Mezzanotte, Albertolli, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 1, 1960, s.v.).
Per quanto riguarda l'autore della presente relazione, pare verosimile indentificarlo con padre Flaminio Bottardi da Parma (m. 1766), che si occupò della storia delle chiese dei minori osservanti nella pronvicia di Bologna (vedi sotto) e tra i cui manoscritti conservati presso l'archivio del convento della SS. Annunziata di Parma ve n'è uno recante un'aggiunta postuma (come nel nostro) riguardante la “costruzione delle due cantorie e dell'altare maggiore di marmo, lavori eseguiti negli anni 1771 e 1776” (cfr. G. Dotti Messori, Convento francescano dei frati minori osservanti della SS. Annunziata di Parma: inventario, 2008, p. 21).
Cfr. Flaminio di Parma, Della Chiesa, e Convento della Ss. Nunziata di Parma, in: “Memorie istoriche delle chiese, e dei conventi dei Frati Minori dell'osservante, e riformata Provincia di Bologna”, Parma, 1760, II, pp. 159-253; Ireneo di Busseto, Ricerche storico-canoniche intorno la chiesa, il convento, e la Fabbrica della Ss. Annunziata di Parma, Ivi, 1796; A. Aversano & D. Pompignoli, Traversie dei Frati Minori Osservanti a Parma: distruzione e ricostruzione della chiesa del convento della SS. Annunciata (1545-1632), a cura di G. Pompignoli, Parma, 2014.
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